Il rullo compressore peruviano preispanico

In alcuni libri e sul web si parla di un oggetto antico in ceramica, che assomiglia in modo incredibile a un moderno rullo compressore a vapore. Anche per chi non conosce le tematiche dell’archeologia misteriosa risulta evidente la curiosa somiglianza con un oggetto del nostro tempo. Osservandolo si possono riconoscere le ruote, la cabina di pilotaggio e il tubo per lo scarico dei gas della combustione. Alcuni ricercatori ritengono si tratti di un antico rullo compressore.

In molti si sono pronunciati su questo manufatto esprimendo dei pareri anche se pienamente legittimi a mio avviso molto azzardati, in quanto non hanno tenuto conto del contesto archeologico.

Ho trovato del materiale interessante nel dicembre del 2006, nel 2009 ho presentato al XI Convegno Nazionale del Cicap ad Abano Terme, un poster che trattava questo reperto. Nonostante sia presente sul web da molti anni, non mi sembra che sia stato preso in considerazione, visto che forniva una spiegazione dettagliata su questo argomento.

Si è parlato di premonizione di oggetti del futuro, macchinari vecchi di secoli o un prodotto costruito dopo aver osservato qualcosa di tecnologicamente avanzato, creato da una cultura sparita nel nulla.

Fatto comune in queste argomentazioni i soliti alieni, che arrivano, visitano il nostro Pianeta e poi se ne vanno via. Le popolazioni locali osservano qualcosa che per loro è incomprensibile e successivamente viene riprodotto attraverso incisioni rupestri, oggetti di vita quotidiana, raccontato nei miti e nelle leggende, rappresentato attraverso le azioni ripetute in complicati riti.

Se poi si aggiunge che accanto ai siti di queste popolazioni si trovano le linee di Nasca e si sottolinea che secondo determinate teorie sarebbero segnali per l’atterraggio di astronavi, avvenute in epoca remota, si aggiunge dell’altra carne al fuoco.

Quali sono stati i fattori che mi hanno convinto che il manufatto non era in relazione con un macchinario tecnologico?

Ricercando sul web delle foto di reperti archeologici del Perù preispanico mi sono imbattuto in un sito peruviano, quello del Museo Larco. Sono presenti on-line migliaia di schede di reperti archeologici, con ampie foto e dettagliate informazioni. Si può trovare il tipo d’oggetto, il materiale, le misure, il periodo di datazione, il nome della popolazione che l’ha prodotto e altre notizie. Ho avuto così l’opportunità di vedere centinaia di oggetti simili al manufatto in questione, prodotti dai popoli che hanno abitato in quelle zone.

Riproduco grazie alla cortesia di Andrea Ferrero e Stefano Bagnasco, il disegno di Stefano Grande che riproduce sei di questi reperti. Il disegno è stato pubblicato nel libro “Sulla scena del Mistero” di Sironi Editore. Libro che consiglio di leggere perché fornisce procedure scientifiche interessanti per iniziare ad indagare nel campo dei cosiddetti misteri.

Si tratta di una bottiglia di ceramica a doppio corpo con ansa a ponte e beccuccio versatoio. Il reperto oggetto della discussione fino a prova contraria è autentico, ma non dovrebbero esserci problemi da questo punto di vista.

Come leggo sulle varie schede le caratteristiche comuni a una gran varietà di reperti similari sono ripetitive.

Le dimensioni sono modeste da 15 a 20 cm. o poco di più, sia per la lunghezza che per l’altezza e attorno ai 10 cm per la larghezza. Per quanto riguarda il peso generalmente è sempre meno di un chilogrammo. Sono presenti due datazioni per ogni reperto. Il Periodo (Rowe – 1960) e l’Epoca (Larco – 1946). Riporto la classificazione per Epoca, che riesce a dare un quadro generale della storia di questi popoli.

1 Epoca Pre-Ceramica (8000 – 2000 a.C.) le persone presenti erano gruppi di cacciatori e pescatori, la fase iniziale di queste culture.

2 Epoca Iniziale della Ceramica (2000 – 1250 a.C.) iniziano ad apparire i primi vasi di terracotta creati con un impasto grossolano ricco d’imperfezioni. Sono presenti anche dei menhir e allineamenti di rocce.

3 Epoca Evolutiva o Formativa (1250 a.C. – 1 d.C.) un’epoca fiorente per queste culture che iniziano la loro evoluzione, in questo periodo compaiono le tipologie di questi vasi a doppia camera che “assomigliano” ai nostri autoveicoli.

4 Epoca Auge (1 – 800 d.C.) la fase più interessante dove queste culture attraversano un periodo fiorente dove evolvono differenziandosi con elementi propri.

5 Epoca Fusional (800 – 1300 d.C.) queste culture entrano in un periodo decadente. Inizia una contaminazione culturale diffusa e più che un’epoca di fusione si può definirla un’epoca di confusione.

6 Epoca Imperiale (1300 – 1532 d.C.) i Pueblos che rimangono dell’epoca precedente si raggruppano creando nuovi agglomerati più grandi. L’Impero Inca occupa la parte finale di quest’epoca. Terminano in questo periodo i “nostri” vasi a doppia camera che ricordano, sempre più lontanamente degli autoveicoli. Ci saranno bottiglie a doppia camera anche nell’epoca successiva, ma perderanno diversi particolari, le due camere acquisteranno spesso caratteristiche simmetriche.

7 Conquista (1532 d.C. – ) l’Europa invade il continente e impone una nuova civilizzazione che produce un’ibridazione delle culture. Iniziano a diffondersi le ceramiche invetriate create con la “tecnologia” importata dall’Europa.

Troviamo sempre il beccuccio versatoio (tubo di scappamento) sopra a una camera, essendo una bottiglia è necessario per l’utilizzo e le due camere indispensabili per contenere il liquido.

Sulla seconda camera comunicante con la prima è sempre presente un oggetto, si può vedere una figura di costruzione (identificata come cabina di pilotaggio), oppure sostituita da un personaggio, altrimenti un animale o una scena con più personaggi.

Quando è raffigurata una costruzione, un tempio o una casa, al suo interno in molti casi si può notare un personaggio che non è il conducente di un antico mezzo meccanico.

Le ruote del rullo compressore come già accennato prima non sono altro che le due camere della bottiglia atte a contenere un liquido. Le forme cambiano e da rotonde, tali da “sembrare ruote”, appaiono cubiche, lenticolari, a forma di parallelepipedo, a forma di frutti, a quella di animali, di interi personaggi che talvolta si fondono con la prima camera.

Con i link riportati sotto, le immagini parleranno da sole, potrete visionare il contenuto del sito a disposizione di chiunque.

Il sito è: www.museolarco.org , una volta arrivato nell’home page si clicca sul catalogo e appare una schermata di ricerca.

Osservando il nostro reperto possiamo scomporlo in tre parti, la “cabina”, le “ruote” e il “tubo di scappamento”. Questo è sempre presente, a meno che il reperto non sia stato recuperato danneggiato e di conseguenza manca. Può essere corto e largo, lungo e sottile, in ogni caso possiede una struttura tubolare. Essendo un beccuccio versatoio è indispensabile per trasferire il contenuto liquido della bottiglia.

Come nel caso del simpatico alieno di Saqqara, il principale errore commesso è stato quello di rivolgersi agli ufologi per avere una risposta e non aver prima sentito un parere dagli egittologi, che avrebbero potuto subito identificare la testa dell’alieno con un vaso di fiori di loto.

Per quanto riguarda un reperto archeologico, bisognerebbe sentire il parere di un archeologo e non basarsi solamente sulla somiglianza con qualcosa di meccanico o tecnologico per formulare la risposta definitiva.

Cosa ci può dire l’archeologia misteriosa su questo reperto?

Ne più ne meno che si tratti di un rullo compressore, perché ci assomiglia. Qualcuno lo afferma in modo sicuro, altri sono più cauti nel sostenerlo oppure viene citato come una curiosità. Tutto qui.

L’archeologia invece, con tutti i limiti che può avere, studia i reperti che ci sono arrivati dal passato, cercando di ricostruire la storia dei popoli che li hanno prodotti. Li studia nel contesto del ritrovamento. Le ipotesi odierne, alla luce dei ritrovamenti futuri, potranno trovare una conferma ulteriore, una smentita o un motivo di riflessione. Da qui a riscrivere completamente la storia ne passa di strada.

Si può cominciare a ragionare sulle prove archeologiche che smentiscono l’ipotesi del rullo compressore. Infinite diversità in infinite combinazioni, questo detto Vulcaniano, potrebbe essere utilizzato per questo reperto e tutti quelli similari prodotti dalle culture pre inca che abitavano la regione prima dell’unificazione sotto l’Impero Inca.

Perciò l’oggetto in questione rappresenta un recipiente, che fra tutte le combinazioni possibili realizzate assomiglia a un veicolo tecnologico di nostra conoscenza.

http://www.museolarco.org/coleccion/#catalogoenlinea

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17396

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17397

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21318

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21409

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21417

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17395

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18637

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=33146

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22303

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21432

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=24045

(questa volta le due camere non sono cilindriche ma hanno la forma di due frutti)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=33147

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18669

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=25246

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18021

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17623

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17567

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=11968

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22163

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22119

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22116

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21263

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22310

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21448

(stesse caratteristiche del rullo compressore ma la camera è unica in forma di rettangolo)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22309

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21353

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18642

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18641

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17399

(il personaggio all’interno dell’abitazione, non è lo Zio Fester!)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17400

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17623

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17401

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21354

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21466

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=4378

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=11942

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21541

(in questo caso è presente un piedistallo)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17402

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21517

(peccato che l’ansa a ponte sia rotta, rimane comunque un bel pezzo)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22308

(in questo caso l’ansa a ponte è mancante in quanto rotta, ma ha le stesse caratteristiche del nostro rullo compressore)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22295

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17403

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17404

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18611

(poi esiste la serie delle bottiglie a camera singola che riproducono gli stessi temi di quelle doppie)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17405

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18612

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=14791

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=23287

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21746

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=14273

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=29712

(forma cilindrica singola)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=23304

(forma cilindrica singola ma posta in verticale)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22292

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=25245

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22297

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22395

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22396

(e non è certo un modellino di veicolo del futuro con dentro l’alieno!)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22299

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22360

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17428

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17440

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http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17439

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17433

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17438

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21343

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17445

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21260

(4 cilindri in posizione verticale)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17443

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21255

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17503

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17504

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http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17511

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http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17535

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17549

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17566

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21270

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21302

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17573

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17575

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18634

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18636

Elenco di risorse critiche sull’archeologia misteriosa – aggiornamento

Ho sistemato il post di aprile 2017 con l’elenco dei libri critici di archeologia misteriosa, aggiungendo tutte le copertine e alcuni brevi commenti. Sono rimasti fuori questi due e ne ho aggiunti altri.

The Cult of Alien Gods

H.P. Lovecraft and Extraterrestrial Pop Culture

Jason Colavito – Prometheus Books – 2005

(un libro di culto, da leggere assolutamente)

Theosophy on Ancient Astronauts

Helena Blavatsky – W. Scott Elliot – Annie Besant – and others

Jason Colavito – Jason Colavito.com Books – 2012

(Primo libro della collana “Studies in Ancient Astronauts”)

The Space Gods Revealed: a close look at the theories of Erich Von Daniken

Ronald Story – 1976

Il Papiro Tulli – Franco Brussino – Kemet 2016

Geroglifici, dischi volanti, egittologi e monsignori: l’intricata vicenda di uno strano papiro.

Mystero – La rivista del possibile – Anno IV n° 45 febbraio 2004

Il Papiro Tulli una storia intricata e tutta inventata”

Ritengo interessante l’articolo di Sebastiano Fusco a pagina 36, che aggiunge altri particolari inediti alla già ricca documentazione fornita da Franco Brussino con il suo libro.

Dischi volanti preistorici 1 – Tanzania

Certo che definirlo “disco volante” è un grosso azzardo. Non perchè si tratti di smentire o meno quest’affermazione, ma perchè forse è il più brutto esempio di presunto velivolo alieno preistorico. Un conto è avere una linea curata e gradevole alla vista (troppo bello per essere vero e poi torneremo anche su questo), come quello (sempre presunto) della caverna francese di Niaux. Un altro conto è questo che sembra scassato o incidentato. Sembrerebbe costruito con materiale recuperato da un rottamaio spaziale.

La forma non è delle migliori, ricorda la linea del classico disco volante, una base irregolare e un vistoso cupolotto centrato nella parte superiore.

L’immagine che si può trovare sul web presenta due di queste figure ai lati della foto, uguali tra loro se non per alcuni particolari minimi che si possono tralasciare. In mezzo a loro si può osservare qualcosa che non è possibile identificare. Sotto ciascuno di questi sono presenti due rettangoli che sembrerebbero essere in relazione con loro. Almeno questa è stata la mia impressione quando li ho visti per la prima volta, mi sembravano due ordigni sganciati dalla parte inferiore.

Cercando altre cose mi è capitato di sfogliare il libro “Il Museo Immaginario della Preistoria” di Emmanuel Anati. Un grosso volume ricco di foto riguardanti le pitture rupestri dei vari Continenti. A pagina 204 è presente un disegno che ci permette di avere nuove informazioni per poter vedere questo “mistero archeologico” sotto una nuova luce.

L’originale si trova a Itololo presso Kondoa in Tanzania. Il disegno ha dettagli che non si potevano vedere con le varie foto di scarsa qualità presenti sul web. Si tratta di un gruppo di “tre figure antropomorfe immaginarie” dipinte sul soffitto di una “grotticella che la tradizione odierna riferisce essere riservata all’iniziazione”.

La parte centrale di queste figure, per un motivo che non conosco è oramai perduta. Comunque si notano vari particolari che permettono di identificare la figura centrale come simile a quelle laterali. Si notano anche dei trattini che rappresentano le dita delle mani e quelle dei piedi. Infatti le due parti rettangolari presenti sotto alle due figure laterali sono le gambe di questi “antropomorfi immaginari”.

Questa volta si trattava di un “mistero archeologico” marginale, se vogliamo anche di poco conto. Non si tratta della figura di un antico disco volante, ma quella di un essere antropomorfo.

I libri di Anati mi hanno insegnato molte cose, prima tra tutte il guardare le rappresentazioni che ci arrivano dalla preistoria con occhi diversi. Prima di iniziare a frequentare il CCSP, Centro Camuno di Studi Preistorici di Capo di Ponte (BS), per la ricerca sugli spaziali della Valcamonica, mi capitava di avere a che fare con questi argomenti senza capirne molto di più. Oggi non sono diventato uno specialista, ma non mi capita più di pensare agli extraterrestri come la sola ipotesi possibile, quando vedo incisioni rupestri o pitture preistoriche apparentemente strane. Anzi, dopo oltre un decennio di studi su questi argomenti, mi riesce difficile pensarlo. Figure strane solo perché lontane da noi migliaia di anni, ma eseguite da persone che non erano poi così diverse da noi. Questi che seguono non sono i soli libri di riferimento, ma sono quelli che ho letto e li ho trovati molto interessanti, per iniziare ad avvicinarmi al mondo della ricerca sulle pitture e incisioni preistoriche.

L’ Astronauta di Kiev

La prima volta che ho visto questa figurina, conosciuta anche come “l’astronauta di Kiev”, era sulla copertina del libro “Fratelli dell’Infinito” di Peter Kolosimo, anche se in questo caso si trattava di una riproduzione derivata dall’originale.

Appare in numerosi siti che trattano di presunti misteri archeologici. Spesso è accompagnata da commenti tipo: “…l’unica statuetta europea che mostra tratti spaziali così evidenti…”.

Oppure: “…rappresenta un individuo con quella che sembra una tuta spaziale con relativo casco…”.

Nel 2007 si è tenuta una mostra a Trento nel Castello del Buonconsiglio. Il titolo era “Gli Ori dei Cavalieri delle Steppe”, collezioni dai Musei dell’Ucraina. La figura del nostro “astronauta”, era stata utilizzata come immagine nel manifesto della mostra e sulla copertina del catalogo di Silvana Editore. La foto sopra è stata presa dal depliant illustrativo della mostra. Da notare, che sul lato opposto dello stesso, erano presenti le foto dei due cavalli che riporto più in basso.

Almeno avevo un punto da dove partire per saperne di più.

La svolta decisiva è stata quando ho trovato il catalogo “L’Oro di Kiev – L’Arte dei Popoli delle Steppe” dell’Editore Electa. Questa mostra si era tenuta a Genova nel lontano 1987.

Appena sfogliato, mi sono apparsi alcuni particolari fondamentali per avere un quadro chiaro sulla funzione di questa figurina.

Con mia sorpresa mi accorgo che questo personaggio non era solo, infatti, erano due con la differenza che la figurina che non avevo mai visto prima, aveva dei solchi ai lati della testa a evidenziare i capelli.

Come apprendo dal catalogo Electa (pagine 37,112 e 113), si tratta di ornamenti per sella risalenti al VI secolo, due laminette di argento dorato, realizzate a rilievo e cave nel verso. Sono state trovate nel villaggio di Martynovka nel 1909. Ognuna di queste misura meno di dieci centimetri di altezza.

In questo contesto hanno un senso i fori posizionati sui gomiti. Servivano per fissarle sulla sella del cavallo come ornamento. Possibile che nessuno si sia domandato a cosa potevano servire?

Mi ricordo di avere trovato scritto da qualche parte sul web che la figurina aveva sei dita. Avendo a disposizione le foto del catalogo, contando bene, le dita, rimangono sempre cinque.

Come se tutto questo non bastasse, sono state ritrovate, sempre a Martynovka nel 1909, due figure di cavalli realizzati nello stesso modo. Anche loro hanno dei fori per il fissaggio alla sella.

Un cavaliere e un cavallo, su ogni lato della sella come ornamento.

Osservando meglio le due figure maschili, le loro calzature con la punta rivolta verso l’alto, mi sembrano più appartenere a culture dell’Est piuttosto che a visitatori extraterrestri. Questo insieme al ricamo rettangolare presente sulla tunica, elemento classico delle popolazioni che ancora oggi vivono nella zona del Dnepr, fiume che bagna Kiev in Ucraina.

Considerato erroneamente un antico astronauta, è in realtà un cavaliere, come ci suggerisce anche la posizione delle gambe divaricate, come se stesse cavalcando e in testa non ha un casco spaziale, ma come ci si aspetterebbe da un cavaliere, un elmo.

Se vogliamo sapere qualcosa sul nostro passato, dobbiamo rivolgerci all’archeologia e ai metodi che utilizza per ricavare le informazioni. Non rappresenta certamente un mistero, il fatto che questa “leggenda” dell’archeologia misteriosa sia durata decenni, senza che nessuno fosse interessato a un approfondimento archeologico sulla sua funzione. A parte il sito di Mistero Risolto. Da troppo tempo la scienza e l’archeologia ricevono numerosi attacchi e accuse di manipolazione della storia o di distruzione di reperti “scomodi”. Sembra la trama di un’avventura di Martin Mystere.

Se l’archeologia rappresentasse, secondo alcuni autori, una “storia ufficiale” non corrispondente alla realtà, che senso avrebbe fare dei controlli e delle ricerche a riguardo?

Il problema è che con questo atteggiamento di sfiducia e di rifiuto, affermazioni e notizie prive di fondamento continuano a circolare indisturbate, creando un impoverimento sociale e culturale.

Ringrazio la casa Editrice Mondadori-Electa S.p.a. nella persona della Signora Caterina Giavotto che mi ha permesso di scrivere questo articolo corredandolo delle due belle foto pubblicate sul relativo catalogo.

L’Oro di Kiev – L’Arte dei Popoli delle steppe, dal Museo storico dei Preziosi dell’Ucraina

(Opere dall’VIII secolo a.C. al XIII secolo d.C.) – Electa Spa Milano – 1987

Catalogo della Mostra tenuta a Genova al Museo di Sant’Agostino

14 ottobre – 6 dicembre 1987

Elenco di risorse critiche sull’archeologia misteriosa

Ci sono libri che ti possono cambiare la vita. Così è stato per me quando al Libraccio di Milano ho trovato il libro “Antichi Astronauti” di Stiebing edito da Avverbi nel 1998.

Da grande appassionato di archeologia misteriosa, non avevo mai trovato una fonte critica a queste teorie. Nemmeno pensavo esistesse. L’archeologia “cattiva” non perdeva tempo con questo argomento e le storie che leggevo su questi libri sembravano davvero incontestabili.

Purtroppo le cose non sono tanto cambiate e sembrerebbe che “il mondo accademico” continui ad ignorare questi argomenti e così facendo continua a commettere un grosso errore. Le persone che fanno domande sull’archeologia misteriosa, hanno il diritto di ricevere una risposta. Hanno il diritto di ricevere spiegazioni riguardo al perché l’archeologia misteriosa è diversa dall’archeologia accademica e perché certe teorie non possono essere prese in considerazione.

Come ho potuto scoprire, di libri critici, tanto per capire, per sentire “l’altra campana”, anche se non sono centinaia, ce ne sono diversi.

Come ho spesso citato, in molti hanno visto i documentari della serie “Ancient Aliens” (Enigmi Alieni in italiano), molte meno persone hanno visto su You Tube “Ancient Aliens Debunked”, un documentario di Chris White di tre ore che chiarisce parecchi dei temi esposti nella serie.

In molti hanno letto “Chariots of the Gods?” di Erich Von Daniken, ma molti, molti di meno hanno letto il libro di Peter White “The Past is Human” pubblicato qualche anno dopo Von Daniken. Sembra che le spiegazioni ai presunti misteri archeologici non esistano, ma la realtà dei fatti è diversa.

Quello che segue è un elenco di risorse critiche sugli antichi astronauti e sull’archeologia misteriosa che continuerò ad aggiornare, intanto buon divertimento.

http://ancientaliensdebunked.com/

a refutation of the history channel show ancient aliens

http://www.youtube.com/watch?v=j9w-i5oZqaQ#sthash.yGfbu3Hr.dpuf

http://www.jasoncolavito.com/blog

Una risorsa di articoli e commenti su gran parte della produzione video e libraria di pseudoarcheologia. Ci si può registrare alla newsletter settimanale che ti informa su cosa succede di nuovo in questo campo.

Il mistero degli antichi astronauti. Gli extraterrestri del passato – 23 marzo 2017

https://www.youtube.com/watch?v=aDUHAmy39OE

Conferenza di Marco Ciardi – Storico della Scienza, Università di Bologna, Socio Effettivo Cicap – You Tube – Canale Caffè-Scienza Firenze

“Quando si parla di «teoria degli antichi astronauti» ci si riferisce in genere alla possibilità che entità extraterrestri abbiano raggiunto il nostro pianeta nel passato, lasciando qualche traccia, più o meno tangibile, del loro passaggio: si va dall’esistenza di particolari reperti archeologici, non spiegabili all’interno del contesto nel quale sono stati rinvenuti, alla manipolazione del codice genetico degli ominidi preistorici e, quindi, a un’influenza diretta sull’evoluzione del genere umano. La letteratura relativa a questo argomento, considerato da molti uno dei grandi misteri dei nostri giorni, è stata una delle più prolifiche e commercialmente redditizie della seconda metà del Novecento, e gode tutt’ora di buona, anzi ottima salute. Ma in questo caso il termine «teoria» indica davvero qualcosa che ha un fondamento scientifico, oppure no? E’ quanto cercheremo di capire nel corso di questo incontro.”

“Archeologia misteriosa – alla scoperta degli oggetti impossibili del passato”

https://www.youtube.com/watch?v=FS-HfbypLcs

You Tube – Canale profandreaberti

Stefano Bagnasco – Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze
15 gennaio 2016 – Presso il Centro congressi comunale di St.Vincent (AO), in collaborazione con la Biblioteca e il Comune

Frodi, Miti e Misteri

Scienza e Pseudoscienza in Archeologia – Kenneth L. Feder – Avverbi – 2004

Il Mistero degli Antichi Astronauti – Marco Ciardi – Carocci Editore – 2017

(un’accurata analisi storica di come è nata la teoria degli antichi astronauti)

C’è qualcuno là fuori? – Alla ricerca della vita extraterrestre

Le indagini della scienza e gli inganni della fantarcheologia.

Margherita Hack – Viviano Domenici – Sperling & Kupfer – 2013

Fantarcheologia

Manuale di sopravvivenza per l’interpretazione della storia e dell’evoluzione umana.

Michele Neri – Sovera Edizioni – 2013

 

Faking History

Essays on Aliens, Atlantis, Monsters & More

Jason Colavito – Jason Colavito.com Books – 2013

Ancient Alien Exposed

Debunking UFO’s, Ancient Astronauts and other Unexplained Mysteries

Vernon Macdonald – 2013 (88 pagine)

Le Passé Recomposé

Croniques d’Archéologie Fantasque

Jean-Pierre Adam – Seuil – 1988

L’Archeologie Devant l’Imposture

Jean-Pierre Adam – Robert Laffont – 1976

Des Martiens au Sahara

Croniques d’Archéologie Romantique

Jean-Loic Le Quellec – Actes Sud / Errance – 2009

The Past is Human

Peter White – Taplinger Publishing Company – 1974 (esiste un’altra edizione con una copertina diversa, molto significativa. Una personaggio raffigurato nell’atto di togliersi la maschera di “presunto alieno” del Sahara, del periodo delle “teste rotonde” e sotto a questa maschera c’è il viso di un uomo).

Archaeological Fantasies

How pseudoarchaeology misrepresent the past and misleads the public

Garrett G. Fagan – Routledge – 2006 (un libro che dovrebbe essere raccomandato come testo di base per ogni corso universitario che tratti di archeologia)

A critical companion to Ancient Aliens Season 3 and 4

Jason Colavito – Jason Colavito.com Books – 2012

Lost City, Found Pyramid

Understanding Alternative Archaeologies and Pseudoscientific Practices

Jeb J. Card – David S. Anderson – The Univesity of Alabama Press – 2016

(anche questo libro dovrebbe essere un testo obbligatorio nei corsi di archeologia. A pagina 10 gli autori sostengono senza giri di parole, che il vuoto lasciato dall’assenza di pubblicazioni critiche riguardo alla pseudoarcheologia durante il ventennio precedente ha contribuito a una “drammatica” diffusione della stessa).

 

 

Ci sono libri che ti possono cambiare la vita

Si, ci sono dei libri che ti possono proprio cambiare la vita. A me è successo leggendo “Antichi Astronauti” di Stiebing (Avverbi). Il fatto che in Italia non circolino libri critici sull’archeologia di confine, non vuol dire che non esistano degli studi a riguardo. Devo dire comunque che non è proprio vero che non esistano libri scritti in italiano, qualcosa ho trovato, anche se la maggioranza delle risorse è scritta in Inglese.

Leggendo Stiebing mi sono fatto un sacco di domande sull’Archeologia Misteriosa e ho cominciato a farne a diverse persone che avevano delle competenze specifiche. Quando visitavo un museo Archeologico o una mostra chiedevo se era disponibile un archeologo e lo “tempestavo” di domande su questi temi.

Generalmente il problema principale era fargli capire l’argomento, dovevo alla fine essere molto esplicito “tirando in ballo” i soliti antichi visitatori extraterrestri che avevano distribuito tecnologia e aiuto ai nostri lontani antenati.

Spesso andava a finire che non ne sapevano niente di più, dopo aver storto un poco il naso sentendo il binomio archeologia/alieni.

Sicuramente è andata in modo diverso nell’estate del 2001 e precisamente il giorno di Ferragosto quando ho deciso di visitare il Museo Archeologico di Napoli.

Era il periodo dove circolava l’ennesima “prova inoppugnabile” sulla datazione “antichissima” della Piramide di Cheope. Com’era mia abitudine ho chiesto notizie a un’archeologa che era al banco delle informazioni.

La mia richiesta è stata semplicemente se sapeva qualcosa sull’ultima teoria di datazione della Grande Piramide, uscita in quel periodo e che cosa ne pensava.

Sarà stata l’insopportabile calura estiva o l’averla interrotta mentre stava leggendo un articolo sull’Uomo del Similaun, oppure era semplicemente una giornata no come può accadere a chiunque, sta di fatto che dopo la mia domanda si è notevolmente alterata e alzando la voce ha detto più o meno la solita frase tipo che cominciava con “… è impossibile…”.

Sono pienamente d’accordo con lei, infatti, questa teoria che non vale neanche la pena citare è stata in circolazione ancora qualche mese e dopo è caduta definitivamente nell’oblio, forse una delle peggiori teorie che si siano mai sentite.

Questo episodio è stato molto importante (dovevate esserci anche voi a sentire come urlava, un suo collega è sceso dal primo piano per vedere cosa stava succedendo), perché ho cominciato a pensare una cosa che subito mi è sembrata un’eresia, andare di persona a cercare le risposte alle tante domande che mi ponevo.

Essendo un curioso, una volta tornato a casa dalle ferie ho cominciato con una mega ricerca su internet durata alcuni mesi, avendo solo a disposizione la sera e non tutte le sere hai voglia di navigare, quando non crolli sul letto dopo una giornata di lavoro.

Ho appreso così che c’erano altri misteri archeologici “troppo freschi” per essere presenti nei libri, come il simpaticissimo alieno di Saqqara (un vaso di fiori di loto!) e altri misteri che non appartenevano al campo dell’archeologia, ma che erano sicuramente intriganti come le pietre mobili della California.

Questa ricerca mi ha permesso di conoscere cosa si può trovare sul web in fatto di misteri archeologici e non e costatare che le pagine dedicate a una visione critica sono pochissime o ancora peggio i siti di questo genere. Contemporaneamente ho intrapreso la lettura di molti dei libri che hanno dato inizio a queste teorie.

Alla fine del 2003 ho ricevuto un regalo di Natale inatteso, infatti, la community di Egittologia.net ha fatto una ricerca sul papiro di Tulli con tanto di traduzioni a cura di Franco Brussino. Questo studio ha fornito importanti informazioni che portano a considerare questo chiacchierato papiro, peraltro citato solo su testi di ufologia, un clamoroso falso.

Degli argomenti sui misteri archeologici affrontati sino ad ora, nessuno ha saputo convincermi che ci sia qualcosa di veramente misterioso. Il mistero nasce dalla mancanza di dati, dalla scarsità di conoscenza che abbiamo su molti aspetti del nostro passato.

Erich Von Daniken con una storica e famosa frase dichiarava: “Ogni giorno le pale degli archeologi incappano in oggetti curiosi che solo con grande fatica si lasciano collocare negli schemi preesistenti…”.

Sono un grande appassionato di archeologia, sono stato volontario di un’associazione archeologica e ho partecipato sempre come volontario a qualche scavo archeologico sotto la direzione della Soprintendenza di riferimento. Ritengo che le pale degli archeologi ogni giorno contribuiscano a smuovere quel velo di mistero, aumentando le conoscenze riguardo al passato, incrementando i dati in nostro possesso.

Ogni zona archeologica saccheggiata, ogni campo “spolpato” di reperti, parte dei migliori manufatti antichi svenduti per quattro soldi o una necropoli distrutta consapevolmente, con l’utilizzo di esplosivi, oppure con una ruspa e il supporto di vari camion aziendali; (ogni riferimento non è puramente casuale), determina sicuramente un’irreparabile distruzione di dati per ricostruire la Storia.

Per la comprensione delle vicende antiche l’archeologia riveste un ruolo di primaria importanza ed è necessario fornirgli aiuto e sostegno in modo che continui questa interminabile ricerca.

Oggi l’archeologia misteriosa otterrebbe un successo differente rispetto agli anni 50, 60 e 70 con incisioni rupestri di astronavi, raffigurazioni di spaziali ovunque, oggetti misteriosi a più non posso e spazioporti sulla piana di Nasca. Bisogna sempre tenere presente il contesto e quei periodi con i lanci di razzi, satelliti artificiali e la “corsa allo spazio” ha contribuito molto al diffondersi di queste teorie. Anche per questo motivo dopo un’attenta riflessione molti ricercatori di confine hanno preso le distanze dagli inizi, dove l’archeologia misteriosa era costituita principalmente da un grande sensazionalismo e si procedeva spesso con confronti superficiali e somiglianze di oggetti. Questo manufatto antico assomiglia a un oggetto che utilizziamo oggi, perciò anticamente si servivano d’illuminazione elettrica, aerei, lampadine, mitragliatori, astronavi, aeroporti, rulli compressori e via di questo passo.

La popolarità è stata determinata in gran parte anche dalla mancanza d’indagini e dalla scarsa diffusione o disponibilità di dati archeologici riguardo a numerose zone di “culto”. L’Isola di Pasqua, Stonehenge, le Linee di Nasca e le piramidi egizie solo per citarne alcune. L’archeologia a differenza di un’archeologia alternativa a buon mercato, procede a piccoli passi, certe volte potrebbe sembrare caratterizzata dall’immobilismo anche causato dalla cronica mancanza di fondi, ma procede e i risultati non tardano a vedersi.

Certi comportamenti tenuti da alcuni addetti ai lavori possono anche farci venire i fumi alla testa e magari farcela anche odiare, ma l’archeologia e i mezzi che utilizza, allo stato delle conoscenze attuali, sono quello che ci consentono di scoprire il passato.

L’esempio classico riguarda il famoso Astronauta di Palenque, dove molti hanno intravisto nel rilievo del sarcofago lo schema stilizzato di un mezzo volante, con tanto di pilota ai comandi. Questa visione spopolava in quegli anni, ma con lo studio intensivo di quelle culture si è potuto vedere che ad oggi ci sono moltissimi motivi che accantonano in modo esauriente l’ipotesi del razzo. L’archeologia rispetto a quei periodi ha fatto passi da gigante e ne è una prova l’ottimo libro “Una foresta di re” di Linda Schele e David Freidel di Corbaccio edito nel 2000. Quasi seicento pagine di dati, risultati di scavi e studi su quelle popolazioni.

Un genere di libro che a un appassionato di questi argomenti non può mancare, dove una parte è dedicata alla storia della dinastia di Palenque e al Tempio delle Iscrizioni, al significato della lastra tombale e al motivo perché il sovrano Pacal si trova raffigurato in quella posizione.

I primi dubbi sull’archeologia misteriosa

Ho conosciuto l’affascinante mondo dell’archeologia misteriosa tramite il fumetto Martin Mystere nel lontano 1982. In uno dei primi numeri ho trovato un elenco di libri che erano utilizzati da Castelli e soci per creare le storie. Così ho appreso dell’esistenza di Peter Kolosimo, Erich Von Daniken e delle incredibili teorie raccontate nei loro libri.

Mi sono subito appassionato a questo campo e ho letto parecchi di questi libri.

In seguito ho “scoperto” Archeo, mensile d’archeologia e mi sono reso conto che alcune delle teorie esposte non erano proprio così inoppugnabili come venivano presentate.

Quasi dieci anni dopo ho comprato il libro “Antichi Astronauti” di Stiebing (Avverbi) e per la prima volta ho potuto sentire un’opinione diversa, dove non si utilizzava l’intervento di esseri extraterrestri o di Atlantide, come spiegazione per ogni possibile lacuna della storia antica o per dare un’origine a diversi manufatti considerati misteriosi.

Nonostante questa lettura il mio interesse verso questo campo non è certamente venuto meno, anzi è cresciuto assieme alla voglia di ottenere delle risposte soddisfacenti riguardo a molti argomenti che sono spesso liquidati come stupidaggini e che per questo motivo vengono trascurati.

In questo modo si può generare in gran parte dell’opinione pubblica della confusione dovuta alla mancanza d’informazioni di base, per distinguere quali sono i risultati di campagne di scavo archeologico e lunghe ricerche d’archivio, da teorie talvolta interessanti ma purtroppo prive di riscontri scientifico-archeologici.

Tanto per fare un esempio che non lasci dubbi, prendiamo i famosi “Geroglifici di Abydos”.

Guardando un architrave nel Tempio di Sety I ad Abydos in Egitto si possono vedere dei geroglifici che sembrano raffigurare un elicottero, un dirigibile, un carro armato e altri velivoli tecnologici.

Possibile? Si può liquidare il tutto con la frase “… è impossibile, al tempo dei Faraoni non esisteva la tecnologia per creare qualcosa di simile” e fino a prova contraria sono d’accordo, ma preferisco sentire e ricercare un tipo diverso di risposta.

Osservando in modo più approfondito si può notare che a destra di queste figure ci sono degli altri geroglifici che non potrebbero essere stati creati nemmeno da uno scriba ubriaco. Si nota molto bene che sono sovrapposizioni di due o più segni geroglifici conosciuti.

Possedendo quest’informazione si dovrebbe agire con cautela riguardo ad alcune teorie che vedono i cieli dell’Egitto faraonico solcati da dirigibili e antichi jet, fornendo come prova queste raffigurazioni.

Cercando su internet si notano due diverse foto, una di queste è stata “ritoccata” per ottenere una migliore visione degli oggetti in questione. Nella foto si vedono molto bene i particolari, ma con quest’operazione sono stati asportati anche alcuni dettagli. Il tutto contribuisce a creare dubbi e incertezze e se si aggiunge la mancata conoscenza della storia egizia, che non tutti possiedono, il mistero è già confezionato.

Infatti, come si può apprendere dal libro “Antico Egitto: Curiosità e Misteri svelati”, un quaderno d’Egittologia.net edito da Duat edizioni, nel dettagliato articolo dedicato a questo “mistero”, curato da Marcello Garbagnati e dall’egittologo Marco Chioffi, si apprende che i faraoni in particolar modo nei templi “aggiornavano” i testi lasciati dal predecessore, facendo coprire con dell’intonaco gli scritti esistenti per riutilizzare le superfici. Con il trascorrere dei secoli, l’intonaco diventa secco e si sgretola, lasciando apparire un mix di quello che c’era scritto sui vari strati, come si può vedere in questo tempio.

Ho letto che queste figure sono state notate per la prima volta in seguito ad un crollo di parte dell’intonaco, un’incredibile casualità ha creato un mix di geroglifici molto simile a un moderno elicottero.

Certamente preferisco quest’ultima spiegazione per le “figure” di Abydos, rispetto a un generico “sono solo stupidaggini”, certo tutte due arrivano a “negare” che ci sia un mistero, ma personalmente preferisco spiegazioni più dettagliate.