Elenco risorse critiche su Atlantide

Atlantide è la leggenda per eccellenza, solo pronunciando il nome, ti fa sognare ma è sempre meglio rimanere con i piedi per terra… e continuare a sognare Atlantide e ringraziare Platone per le emozioni che ci ha regalato.

Le Metamorfosi di Atlantide

Storie scientifiche e immaginarie da Platone a Walt Disney

Marco Ciardi – Carocci – 2011

Atlantide

Una controversia scientifica da Colombo a Darwin

Marco Ciardi – Carocci – 2002

https://www.unibo.it/sitoweb/marco.ciardi/cv

Il Curriculum di Marco Ciardi parla da solo, e basta citare questo commento per rendersi conto della qualità del suo lavoro: “Il suo Atlantide. Una controversia scientifica da Colombo a Darwin (Carocci, 2002) e’ stato giudicato da Pierre Vidal-Naquet, uno dei più importanti storici del Novecento, un lavoro di <<straordinaria qualita’>> (cfr. P. Vidal-Naquet, Atlantide. Breve storia di un mito, Einaudi, 2006; The Atlantis Story. A Short History of Plato’s Myth, University of Exeter Press, 2007), ed è stato citato da Umberto Eco in Storia delle terre e dei luoghi leggendari (Bompiani, 2013)”.

Atlantide nel mare di testi

Andrea Albini – Italian University Press – 2012

La Dame Blanche et L’Atlantide

Enquete sur un mithe archeologique

Jean-Loic Le Quellec

Editions Errance 2010

La Sindrome di Atlantide

Paul Jordan – Newton – 2003

Isole Misteriose dell’Oceano Atlantico

La loro raffigurazione nella cartografia fra storia e leggenda

Gianpiero Viviano – SAGEP – 2015

Storia delle Terre e dei Luoghi Leggendari

Umberto Eco – Bompiani – 2013

L’Atlante Immaginario

Quando le mappe raccontavano sogni, miti e invenzioni

Edward Brooke-Hitching

Mondadori 2018

Ultimo ad apparire in questo breve elenco di libri che giudico meritevoli di essere letti è questo “Atlante Immaginario” che sicuramente mancava. È proprio, come viene riportato in quarta copertina, un Atlante Straordinario che “presenta i più clamorosi <fantasmi> cartografici che abbiano mai infestato le mappe del passato e rivela le storie affascinanti che accompagnano la loro invenzione”. Un libro che appassionati come noi devono leggere!

Il rullo compressore peruviano preispanico

In alcuni libri e sul web si parla di un oggetto antico in ceramica, che assomiglia in modo incredibile a un moderno rullo compressore a vapore. Anche per chi non conosce le tematiche dell’archeologia misteriosa risulta evidente la curiosa somiglianza con un oggetto del nostro tempo. Osservandolo si possono riconoscere le ruote, la cabina di pilotaggio e il tubo per lo scarico dei gas della combustione. Alcuni ricercatori ritengono si tratti di un antico rullo compressore.

In molti si sono pronunciati su questo manufatto esprimendo dei pareri anche se pienamente legittimi a mio avviso molto azzardati, in quanto non hanno tenuto conto del contesto archeologico.

Ho trovato del materiale interessante nel dicembre del 2006, nel 2009 ho presentato al XI Convegno Nazionale del Cicap ad Abano Terme, un poster che trattava questo reperto. Nonostante sia presente sul web da molti anni, non mi sembra che sia stato preso in considerazione, visto che forniva una spiegazione dettagliata su questo argomento.

Si è parlato di premonizione di oggetti del futuro, macchinari vecchi di secoli o un prodotto costruito dopo aver osservato qualcosa di tecnologicamente avanzato, creato da una cultura sparita nel nulla.

Fatto comune in queste argomentazioni i soliti alieni, che arrivano, visitano il nostro Pianeta e poi se ne vanno via. Le popolazioni locali osservano qualcosa che per loro è incomprensibile e successivamente viene riprodotto attraverso incisioni rupestri, oggetti di vita quotidiana, raccontato nei miti e nelle leggende, rappresentato attraverso le azioni ripetute in complicati riti.

Se poi si aggiunge che accanto ai siti di queste popolazioni si trovano le linee di Nasca e si sottolinea che secondo determinate teorie sarebbero segnali per l’atterraggio di astronavi, avvenute in epoca remota, si aggiunge dell’altra carne al fuoco.

Quali sono stati i fattori che mi hanno convinto che il manufatto non era in relazione con un macchinario tecnologico?

Ricercando sul web delle foto di reperti archeologici del Perù preispanico mi sono imbattuto in un sito peruviano, quello del Museo Larco. Sono presenti on-line migliaia di schede di reperti archeologici, con ampie foto e dettagliate informazioni. Si può trovare il tipo d’oggetto, il materiale, le misure, il periodo di datazione, il nome della popolazione che l’ha prodotto e altre notizie. Ho avuto così l’opportunità di vedere centinaia di oggetti simili al manufatto in questione, prodotti dai popoli che hanno abitato in quelle zone.

Riproduco grazie alla cortesia di Andrea Ferrero e Stefano Bagnasco, il disegno di Stefano Grande che riproduce sei di questi reperti. Il disegno è stato pubblicato nel libro “Sulla scena del Mistero” di Sironi Editore. Libro che consiglio di leggere perché fornisce procedure scientifiche interessanti per iniziare ad indagare nel campo dei cosiddetti misteri.

Si tratta di una bottiglia di ceramica a doppio corpo con ansa a ponte e beccuccio versatoio. Il reperto oggetto della discussione fino a prova contraria è autentico, ma non dovrebbero esserci problemi da questo punto di vista.

Come leggo sulle varie schede le caratteristiche comuni a una gran varietà di reperti similari sono ripetitive.

Le dimensioni sono modeste da 15 a 20 cm. o poco di più, sia per la lunghezza che per l’altezza e attorno ai 10 cm per la larghezza. Per quanto riguarda il peso generalmente è sempre meno di un chilogrammo. Sono presenti due datazioni per ogni reperto. Il Periodo (Rowe – 1960) e l’Epoca (Larco – 1946). Riporto la classificazione per Epoca, che riesce a dare un quadro generale della storia di questi popoli.

1 Epoca Pre-Ceramica (8000 – 2000 a.C.) le persone presenti erano gruppi di cacciatori e pescatori, la fase iniziale di queste culture.

2 Epoca Iniziale della Ceramica (2000 – 1250 a.C.) iniziano ad apparire i primi vasi di terracotta creati con un impasto grossolano ricco d’imperfezioni. Sono presenti anche dei menhir e allineamenti di rocce.

3 Epoca Evolutiva o Formativa (1250 a.C. – 1 d.C.) un’epoca fiorente per queste culture che iniziano la loro evoluzione, in questo periodo compaiono le tipologie di questi vasi a doppia camera che “assomigliano” ai nostri autoveicoli.

4 Epoca Auge (1 – 800 d.C.) la fase più interessante dove queste culture attraversano un periodo fiorente dove evolvono differenziandosi con elementi propri.

5 Epoca Fusional (800 – 1300 d.C.) queste culture entrano in un periodo decadente. Inizia una contaminazione culturale diffusa e più che un’epoca di fusione si può definirla un’epoca di confusione.

6 Epoca Imperiale (1300 – 1532 d.C.) i Pueblos che rimangono dell’epoca precedente si raggruppano creando nuovi agglomerati più grandi. L’Impero Inca occupa la parte finale di quest’epoca. Terminano in questo periodo i “nostri” vasi a doppia camera che ricordano, sempre più lontanamente degli autoveicoli. Ci saranno bottiglie a doppia camera anche nell’epoca successiva, ma perderanno diversi particolari, le due camere acquisteranno spesso caratteristiche simmetriche.

7 Conquista (1532 d.C. – ) l’Europa invade il continente e impone una nuova civilizzazione che produce un’ibridazione delle culture. Iniziano a diffondersi le ceramiche invetriate create con la “tecnologia” importata dall’Europa.

Troviamo sempre il beccuccio versatoio (tubo di scappamento) sopra a una camera, essendo una bottiglia è necessario per l’utilizzo e le due camere indispensabili per contenere il liquido.

Sulla seconda camera comunicante con la prima è sempre presente un oggetto, si può vedere una figura di costruzione (identificata come cabina di pilotaggio), oppure sostituita da un personaggio, altrimenti un animale o una scena con più personaggi.

Quando è raffigurata una costruzione, un tempio o una casa, al suo interno in molti casi si può notare un personaggio che non è il conducente di un antico mezzo meccanico.

Le ruote del rullo compressore come già accennato prima non sono altro che le due camere della bottiglia atte a contenere un liquido. Le forme cambiano e da rotonde, tali da “sembrare ruote”, appaiono cubiche, lenticolari, a forma di parallelepipedo, a forma di frutti, a quella di animali, di interi personaggi che talvolta si fondono con la prima camera.

Con i link riportati sotto, le immagini parleranno da sole, potrete visionare il contenuto del sito a disposizione di chiunque.

Il sito è: www.museolarco.org , una volta arrivato nell’home page si clicca sul catalogo e appare una schermata di ricerca.

Osservando il nostro reperto possiamo scomporlo in tre parti, la “cabina”, le “ruote” e il “tubo di scappamento”. Questo è sempre presente, a meno che il reperto non sia stato recuperato danneggiato e di conseguenza manca. Può essere corto e largo, lungo e sottile, in ogni caso possiede una struttura tubolare. Essendo un beccuccio versatoio è indispensabile per trasferire il contenuto liquido della bottiglia.

Come nel caso del simpatico alieno di Saqqara, il principale errore commesso è stato quello di rivolgersi agli ufologi per avere una risposta e non aver prima sentito un parere dagli egittologi, che avrebbero potuto subito identificare la testa dell’alieno con un vaso di fiori di loto.

Per quanto riguarda un reperto archeologico, bisognerebbe sentire il parere di un archeologo e non basarsi solamente sulla somiglianza con qualcosa di meccanico o tecnologico per formulare la risposta definitiva.

Cosa ci può dire l’archeologia misteriosa su questo reperto?

Ne più ne meno che si tratti di un rullo compressore, perché ci assomiglia. Qualcuno lo afferma in modo sicuro, altri sono più cauti nel sostenerlo oppure viene citato come una curiosità. Tutto qui.

L’archeologia invece, con tutti i limiti che può avere, studia i reperti che ci sono arrivati dal passato, cercando di ricostruire la storia dei popoli che li hanno prodotti. Li studia nel contesto del ritrovamento. Le ipotesi odierne, alla luce dei ritrovamenti futuri, potranno trovare una conferma ulteriore, una smentita o un motivo di riflessione. Da qui a riscrivere completamente la storia ne passa di strada.

Si può cominciare a ragionare sulle prove archeologiche che smentiscono l’ipotesi del rullo compressore. Infinite diversità in infinite combinazioni, questo detto Vulcaniano, potrebbe essere utilizzato per questo reperto e tutti quelli similari prodotti dalle culture pre inca che abitavano la regione prima dell’unificazione sotto l’Impero Inca.

Perciò l’oggetto in questione rappresenta un recipiente, che fra tutte le combinazioni possibili realizzate assomiglia a un veicolo tecnologico di nostra conoscenza.

http://www.museolarco.org/coleccion/#catalogoenlinea

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17396

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17397

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21318

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21409

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21417

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17395

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18637

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=33146

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22303

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21432

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=24045

(questa volta le due camere non sono cilindriche ma hanno la forma di due frutti)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=33147

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18669

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=25246

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18021

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17623

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17567

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=11968

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22163

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22119

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22116

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21263

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22310

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21448

(stesse caratteristiche del rullo compressore ma la camera è unica in forma di rettangolo)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22309

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21353

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18642

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18641

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17399

(il personaggio all’interno dell’abitazione, non è lo Zio Fester!)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17400

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17623

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17401

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21354

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21466

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=4378

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=11942

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21541

(in questo caso è presente un piedistallo)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17402

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21517

(peccato che l’ansa a ponte sia rotta, rimane comunque un bel pezzo)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22308

(in questo caso l’ansa a ponte è mancante in quanto rotta, ma ha le stesse caratteristiche del nostro rullo compressore)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22295

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17403

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17404

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18611

(poi esiste la serie delle bottiglie a camera singola che riproducono gli stessi temi di quelle doppie)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17405

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18612

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=14791

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=23287

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21746

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=14273

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=29712

(forma cilindrica singola)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=23304

(forma cilindrica singola ma posta in verticale)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22292

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=25245

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22297

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22395

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22396

(e non è certo un modellino di veicolo del futuro con dentro l’alieno!)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22299

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=22360

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17428

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17440

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17441

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17439

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17433

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17438

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21343

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17445

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21260

(4 cilindri in posizione verticale)

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17443

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21255

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17503

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17504

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17509

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17511

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17532

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17535

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17549

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17566

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21270

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=21302

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17573

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=17575

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18634

http://www.museolarco.org/catalogo/ficha.php?id=18636

8 marzo 2018

Delain – We Are The Others [Official Video 2012]

https://www.youtube.com/watch?v=5lZGhh41W9k

https://www.sophielancasterfoundation.com/index.php

https://www.maschileplurale.it/

http://www.italiachecambia.org/2015/10/io-faccio-cosi-90-maschile-plurale-uomini-contro-violenza-sulle-donne/

Unfortunately, still too many people consider tolerance, indulgence, humility and kindness as signs of despicable weakness.          AlexMoby

Purtroppo, troppe persone considerano la tolleranza, l’indulgenza, l’umiltà e la gentilezza come segni di spregevole debolezza.          AlexMoby

Elenco di risorse critiche sull’archeologia misteriosa – aggiornamento

Ho sistemato il post di aprile 2017 con l’elenco dei libri critici di archeologia misteriosa, aggiungendo tutte le copertine e alcuni brevi commenti. Sono rimasti fuori questi due e ne ho aggiunti altri.

The Cult of Alien Gods

H.P. Lovecraft and Extraterrestrial Pop Culture

Jason Colavito – Prometheus Books – 2005

(un libro di culto, da leggere assolutamente)

Theosophy on Ancient Astronauts

Helena Blavatsky – W. Scott Elliot – Annie Besant – and others

Jason Colavito – Jason Colavito.com Books – 2012

(Primo libro della collana “Studies in Ancient Astronauts”)

The Space Gods Revealed: a close look at the theories of Erich Von Daniken

Ronald Story – 1976

Il Papiro Tulli – Franco Brussino – Kemet 2016

Geroglifici, dischi volanti, egittologi e monsignori: l’intricata vicenda di uno strano papiro.

Mystero – La rivista del possibile – Anno IV n° 45 febbraio 2004

Il Papiro Tulli una storia intricata e tutta inventata”

Ritengo interessante l’articolo di Sebastiano Fusco a pagina 36, che aggiunge altri particolari inediti alla già ricca documentazione fornita da Franco Brussino con il suo libro.

Dischi volanti preistorici 1 – Tanzania

Certo che definirlo “disco volante” è un grosso azzardo. Non perchè si tratti di smentire o meno quest’affermazione, ma perchè forse è il più brutto esempio di presunto velivolo alieno preistorico. Un conto è avere una linea curata e gradevole alla vista (troppo bello per essere vero e poi torneremo anche su questo), come quello (sempre presunto) della caverna francese di Niaux. Un altro conto è questo che sembra scassato o incidentato. Sembrerebbe costruito con materiale recuperato da un rottamaio spaziale.

La forma non è delle migliori, ricorda la linea del classico disco volante, una base irregolare e un vistoso cupolotto centrato nella parte superiore.

L’immagine che si può trovare sul web presenta due di queste figure ai lati della foto, uguali tra loro se non per alcuni particolari minimi che si possono tralasciare. In mezzo a loro si può osservare qualcosa che non è possibile identificare. Sotto ciascuno di questi sono presenti due rettangoli che sembrerebbero essere in relazione con loro. Almeno questa è stata la mia impressione quando li ho visti per la prima volta, mi sembravano due ordigni sganciati dalla parte inferiore.

Cercando altre cose mi è capitato di sfogliare il libro “Il Museo Immaginario della Preistoria” di Emmanuel Anati. Un grosso volume ricco di foto riguardanti le pitture rupestri dei vari Continenti. A pagina 204 è presente un disegno che ci permette di avere nuove informazioni per poter vedere questo “mistero archeologico” sotto una nuova luce.

L’originale si trova a Itololo presso Kondoa in Tanzania. Il disegno ha dettagli che non si potevano vedere con le varie foto di scarsa qualità presenti sul web. Si tratta di un gruppo di “tre figure antropomorfe immaginarie” dipinte sul soffitto di una “grotticella che la tradizione odierna riferisce essere riservata all’iniziazione”.

La parte centrale di queste figure, per un motivo che non conosco è oramai perduta. Comunque si notano vari particolari che permettono di identificare la figura centrale come simile a quelle laterali. Si notano anche dei trattini che rappresentano le dita delle mani e quelle dei piedi. Infatti le due parti rettangolari presenti sotto alle due figure laterali sono le gambe di questi “antropomorfi immaginari”.

Questa volta si trattava di un “mistero archeologico” marginale, se vogliamo anche di poco conto. Non si tratta della figura di un antico disco volante, ma quella di un essere antropomorfo.

I libri di Anati mi hanno insegnato molte cose, prima tra tutte il guardare le rappresentazioni che ci arrivano dalla preistoria con occhi diversi. Prima di iniziare a frequentare il CCSP, Centro Camuno di Studi Preistorici di Capo di Ponte (BS), per la ricerca sugli spaziali della Valcamonica, mi capitava di avere a che fare con questi argomenti senza capirne molto di più. Oggi non sono diventato uno specialista, ma non mi capita più di pensare agli extraterrestri come la sola ipotesi possibile, quando vedo incisioni rupestri o pitture preistoriche apparentemente strane. Anzi, dopo oltre un decennio di studi su questi argomenti, mi riesce difficile pensarlo. Figure strane solo perché lontane da noi migliaia di anni, ma eseguite da persone che non erano poi così diverse da noi. Questi che seguono non sono i soli libri di riferimento, ma sono quelli che ho letto e li ho trovati molto interessanti, per iniziare ad avvicinarmi al mondo della ricerca sulle pitture e incisioni preistoriche.

Ritorno al passato

Ogni tanto ci passavo davanti, la guardavo distrattamente e proseguivo. La mia scuola, il luogo fonte di numerose rotture e tantissima noia, con alcuni professori che non sono stati in grado di farmi appassionare alle loro materie o addirittura con i loro modi di fare mi hanno insegnato a odiarle. In parte la colpa è anche mia che me ne fregavo altamente. Il Prof. d’inglese era molto forte e preparato. Durante le sue lezioni si parlava solo in inglese. Non è stato capito da tanti e alcuni lo prendevano in giro, ma alla fine quando uscivi dalle medie l’inglese lo conoscevi. Il suo lavoro lo sapeva fare e anche bene. Grande mitico Luciano.

Ritornando alla scuola quante volte ho desiderato essere in qualsiasi altro posto tranne che in quell’edificio.

Alla fine del 2008 sono entrato nel cortile e mi sono fermato a guardare quel fabbricato tante volte stramaledetto. Per la prima volta ho provato tristezza nel vederlo conciato così male. Complice una giornata di un freddo dicembre, che rendeva l’intera struttura ancora più tetra e desolata.

Il tempo che trascorre veloce, il tempo che non perdona e non risparmia niente e nessuno. Il degrado del nostro paese sotto gli occhi di tutti, in continuo aumento ma… non c’è nessun problema ti dicono, stiamo lavorando per migliorare le cose! Se ogni giorno è sempre peggio come facciamo a credere nel futuro. (Nota bene, scritto nel dicembre del 2008, qualche mese dopo l’inizio della crisi. Non mi è sembrato proprio il caso di modificarlo, non che adesso siamo messi meglio!).

Se trovate in giro una delle casse con gli occhiali che ha trovato John Nada nel film “Essi vivono” mettetela da parte che verrà utile.

Le grandi vetrate sono distrutte, scritte con bombolette ovunque, completamente abbandonato, terra di nessuno, palestra di atti vandalici ripetuti senza che nessuno intervenga. Sembra di trovarsi davanti a un edificio della città abbandonata di Pripyat vicino alla centrale nucleare di Chernobyl.

Nonostante l’avversione per la sua funzione, mi affascina ancora oggi la struttura progettata genialmente nel 1959 dall’Architetto Pietro Campora. Poco funzionale per gli spazi interni, come hanno fatto notare in tanti, ma a me è sempre piaciuta, mi sembrava qualcosa di futuristico, qualcosa che si staccava dalle solite costruzioni urbane dei paesi della Pianura Padana.

Si dice che prima di morire si rivivano gli episodi della propria vita, vedendoli passare davanti come i fotogrammi di un film. Entro nel grande salone attraverso la vetrata distrutta. Vengo bombardato dai ricordi. È come attraversare lo Stargate, non vedi il Giacobbo, ma ti ritrovi nel passato trenta anni prima.

Questo era il luogo della ricreazione, ci si riuniva in gruppetti a parlare di cose futili, ma estremamente importanti per sopravvivere allo strazio scolastico.

Il primo giorno di lezione una ressa incredibile, alunni, genitori, insegnanti e l’immancabile appello generale per formare le classi. Prima le ragazze e poi noi, quando hanno chiamato il mio nome, mi sono andato a mettere vicino al gruppo delle mie compagne di scuola, vicino alla ragazza che mi piaceva. Lei si è girata e mi ha dato una carezza sulla guancia. In quel momento sono stato al massimo della felicità. Era l’inizio degli anni 80 erano altri tempi. Purtroppo non è successo niente di più. Non sono mai riuscito a portarla fuori. C’era sempre qualche problema, poi ha preferito un tipo molto diverso da me e lo ha sposato molto tempo dopo. Comunque sono contento che si sia fatta una famiglia e stia bene.

Oggi nell’atrio davanti alla porta chiusa e alle vetrate demolite, c’è solamente una pozza d’acqua su pavimento, assieme a varie schifezze indefinite. Ci sono dei mobili e appoggiati al muro si trovano dei cartelli stradali messi dal Comune.

Mi ero dimenticato del disegno fatto con le piastrelle. Mi ha sempre ricordato i messaggi allegati alle sonde spaziali. Quando ero piccolo mi affascinava tanto. Da buon appassionato di fantascienza lo interpretavo come qualcosa di spaziale.

Oltre i vetri si vede il porticato dove si attendeva, come il condannato attende la salita al patibolo, il suono della campanella. Il giorno d’inizio degli esami di terza media un mio compagno di scuola si è esibito nella materializzazione di un ectoplasma. Ha starnutito in modo così poderoso, facendo comparire dal naso una candela di muco lunga almeno cinquanta centimetri. L’episodio che ci aveva fatto tanto divertire l’avevo interpretato come un buon auspicio per la riuscita delle prove. Sono stato promosso!

Alla fine con o senza l’apparizione della “candela miracolosa”, se non si studia, non si arriva da nessuna parte.

A meno che non si bruci la scuola e con essa i registri, così c’è la promozione d’ufficio per tutti. Non è una battuta è successo realmente al mio paese.

Questo era per noi l’ingresso del regno dei morti, il portale del non ritorno, una volta varcata la soglia il fato crudele si accaniva sugli sventurati, con lo stesso effetto che si otteneva nel film “Hellraiser” giocando con il cubo. Adesso anche se il portone è chiuso si può accedere attraverso i finestroni dove un tempo c’erano i vetri.

Il Comune ha installato delle reti supplementari per evitare l’intrusione non autorizzata di terze persone, ma da quello che si vede all’interno e sui muri esterni, questa misura è stata efficace come spegnere un incendio con un bicchiere d’acqua.

Più avanti tra il muro della scuola e il muretto esterno c’era quello che si poteva definire come “Il corridoio delle anime perdute”, già ai tempi terra di nessuno. Esattamente come “Nocturn Alley” di Harry Potter. Chi voleva esercitare una qualche attività truffaldina, si trovava in questo luogo a “confabulare” con i suoi alleati. La terra dei bulletti delle classi superiori, spazio “off limits” per quelli come noi, entrando rischiavi uno “shampoo”.

Ai nostri tempi una delle sigle di cartoni animati aveva queste parole: “Tarzan nella giungla, lotta col coltello, Batman nella notte nero pipistrello….”

Nel cortiletto durante l’intervallo, Paolo l’aveva adattata in modo erotico/porno con i nomi di due compagne e la cantava saltellando allegramente, nonostante gli urli di una delle due. Prima è arrivato il bidello, poi un professore e infine il preside. È successo un casino.

Non che prima fosse tenuto bene, ma adesso con le piante e le erbacce è diventato una vera schifezza. Un albero è caduto e ostruisce parzialmente il poco spazio che c’era.

La scalinata portava al piano delle aule, primo piano le prime, al secondo le seconde e al successivo le terze. Per terra trovo qualcosa di organico e ci è cresciuta sopra una grossa palla di muffa di color bianco-panna, meglio non indagare.

Salgo le scale con una sensazione di ancestrale timore. Ho detto molte volte che non ho paura degli alieni e dell’improbabile possibilità di essere rapito o utilizzato come cavia per i loro esperimenti. I miei timori sono di altra natura. Compresa quella di tante leggi che sembrano fatte apposta per favorire i delinquenti e mortificare di continuo le vittime di ogni reato.

All’inizio del corridoio, sulla sinistra nascosto dal muro, si trovava il banco del bidello. Luogo di una furibonda lite tra me e il Davide. La motivazione? Era tanto importante che non me la ricordo più. È stato necessario il suo intervento per separarci.

Salendo le scalette si entrava nella mia classe. Un bugigattolo che assomigliava più a un loculo multiplo che a un’aula scolastica. Appena entrati, sulla destra, si trovava la cattedra e ai lati dei muri due file di doppi banchi.

In fondo al centro, era sistemato un armadio di metallo contenente dei libri, rigorosamente chiuso a chiave, che si apriva pochissime volte l’anno. Una diffusione culturale da paura.

Mi ricordo la scenetta che avevamo messo in opera in prima media. Io e altri due eravamo andati a rubare le mele nel campo del contadino. Poi eravamo stati scoperti con le mani nel sacco dal nostro amico che impersonava l’agricoltore. La scena topica era il momento della scoperta, quando parlando in siciliano, estraeva una mitraglietta giocattolo e ci sparava mentre scappavamo. A distanza di mesi ogni tanto trovavamo ancora sul pavimento dei proiettili di plastica.

Nel corridoio si aprivano varie aule, durante l’intervallo ho assistito a una scena diventata epica. Il mitico Professor Ferrari esasperato dal solito Paolo si è esibito, come ultima risorsa, in uno spettacolare doppio calcio nel sedere andato a segno. Il destinatario ha preso il tutto ridacchiando senza lamentarsi.

Erano proprio altri tempi, adesso i poverini devono essere trattati con i guanti di velluto, guai a toccarli, guai a rimproverarli altrimenti si offendono.

Com’è successo a un mio amico professore in una scuola di Vigevano, un troglodita ha avuto un bel coraggio a dirgli “ti aspetto fuori”. E non ha potuto fare niente, visto che questi umanoidi (protetti dalle leggi, ma quali leggi proteggono i professori?), hanno talvolta dei genitori più allucinati di loro, che reclamano perché il loro figliuolo è immacolato e non lo capisce nessuno. Beh, da un pero non nascono certo le mele.

Nella prima aula del corridoio ci studiava o per meglio dire disegnava Siviero. Aveva un banco interamente ricoperto di disegnini di pistole, coltelli, bombe a mano, asce e ogni genere di faccine di brutti ceffi. Era un banco storico.

Adesso si trova una colorata pittura murale e per terra qualcuno ha fatto i suoi bisogni.

Nella stessa aula si è staccato un neon, penzola dal soffitto attaccato ai cavi elettrici come un impiccato alla sua corda.

I banchi non ci sono più, nell’aula c’è solo l’intonaco del soffitto caduto a terra. Sembra l’ultimo capitolo della diffusione culturale in Italia. Macerie!

Salendo al piano successivo si arriva nell’aula, dove studiavamo (che battutona!) in seconda media.

Una volta la Prof. di lettere, durante l’arrivo degli studenti universitari che “venivano a liberarci”, non ci voleva lasciar uscire e ha chiuso la porta con la chiave. Ci siamo alzati tutti quando il suono dei fischietti si era fatto più intenso, ma lei era determinata a continuare la lezione. Alla fine ha dovuto desistere, quando uno studente universitario ha aperto la porta con un calcio, scassando la serratura. Mi ricordo ancora la sua faccia, un misto tra l’incredula e la spaventata.

La nostra aula confinava con la segreteria, che conduceva direttamente all’ufficio del preside e ogni due per tre avevamo delle simpaticissime visite. Quando non sapeva cosa fare o sentiva dei tafferugli, era sempre da noi.

Come preside era una brava persona, anche se era odiato da molti solo per il ruolo che ricopriva. Sul muro vicino alla sua porta c’è un piccolo disegno di un omino buffo, magari c’è qualcun altro che si è ricordato di lui.

Il piccolo bagno vicino alla nostra aula ha subito la stessa sorte dell’edificio, i sanitari sono stati completamente fatti a pezzi.

Scendo nel piano interrato dove un tempo si trovavano l’aula di musica e il laboratorio di chimica che faceva anche da quello di anatomia e fisica. Tanti oggetti fantastici chiusi a chiave, che non si potevano mai ne vedere, ne toccare. Si poteva anche farne a meno dato il largo utilizzo. Immancabile dietro alla porta il manichino/scheletro con le ossa di plastica, che si utilizzava esclusivamente per stringergli la mano e per fare delle bischerate. Chissà che fine avrà fatto?

Le aule sono vuote, alcuni mobili sono rovesciati contro le pareti e sul pavimento si trova una cartellina gialla che raggruppa dei compiti in classe di vecchia data.

La scala prosegue ancora verso il basso per mezza rampa finendo contro il muro. Accatastati contro si trovano molte scatole coperte di uno spesso strato di polvere.

Il finestrone che porta un po’ di luce ha i vetri rotti (senti che novità), le piante sono già entrate e in breve tempo prenderanno possesso del piano.

Questa era la mia esplorazione nel dicembre del 2008. Nonostante la mia evidente visione pessimista, qualche volta le cose possono anche cambiare e non necessariamente in peggio. L’edificio è stato recuperato interamente qualche anno fa e contiene la Biblioteca, il Circolo Fotografico, la Scuola di Danza, la Banda Musicale del paese e una sala per conferenze. L’ho lasciata per ultima, ma non certo l’ultima per valore la sede dell’Unitre.

L’Università delle Tre Età, dove da qualche anno faccio volontariato come docente, presentando le ricerche critiche nel campo dell’Archeologia Misteriosa. Odiavo tanto i Professori che insegnavano dentro a quest’edificio e quasi trent’anni dopo cerco di fare le stesse cose che facevano loro. Cercare di diffondere un po’ di cultura in un paese che ne ha tanto bisogno.

Scienza e Natura Expo

Il 18 e 19 giugno 2016 si è svolta presso l’Ente Fiera di Novegro a Milano l’edizione annuale di Scienza e Natura Expo. Avendo a disposizione il weekend ed essendo socio del Cicap ero presente allo stand di questa manifestazione.

Il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (CICAP) è un’organizzazione di volontari, scientifica ed educativa, che promuove un’indagine scientifica e critica nei confronti delle pseudoscienze, del paranormale, dei misteri e dell’insolito.
Nasce nel 1989 per iniziativa di Piero Angela e di un gruppo di scienziati, intellettuali e appassionati che sottoscrive la seguente dichiarazione comune: <Giornali, settimanali, radio e televisioni dedicano ampio spazio a presunti fenomeni paranormali, a guaritori, ad astrologi, trattando tutto ciò in modo acritico, senza alcun criterio di controllo; anzi cercando, il più delle volte, l’avvenimento sensazionale, che permetta di alzare l’indice di vendita o di ascolto. Per questo portiamo avanti un’opera di informazione e di educazione rispetto a questi temi, per favorire la diffusione di una cultura e di una mentalità aperta e critica, e del metodo scientifico basato sull’evidenza nell’analisi e nella soluzione dei problemi>.

Viviamo un periodo dove la diffusione di idee e affermazioni pseudoscientifiche a sostegno di terapie di non provata efficacia, teorie del complotto, leggende urbane e falsificazioni storiche sembra non conoscere fine. In questo scenario il CICAP continua a lavorare per sostenere l’applicazione del metodo scientifico, cioè la necessità di verificare i fatti, e per promuovere un’informazione corretta e documentata.

All’interno dello stand del Cicap erano appesi diversi esempi d’illusioni ottiche per sottolineare come la nostra mente sia facile da ingannare.

Non mancavano le locandine delle conferenze e diversi manifesti delle iniziative pubbliche degli anni passati, come quelli delle Giornate Anti Superstizione. Si tratta di una manifestazione che cade periodicamente in giornate classiche come il venerdì 17. Da un gazebo installato in varie città del nostro paese, le persone possono cimentarsi in una serie di prove ritenute “pericolose” dal punto di vista della superstizione. Alla fine del percorso verrà rilasciato un diploma con il proprio nome che attesterà di essere una persona anti-superstiziosa. Lo scopo di un simile appuntamento è di sensibilizzare le persone riguardo a credenze e gesti che se presi sul serio possono complicarci se non in alcuni casi rovinarci la vita. Dopo tutte le volte che siamo passati sotto alle scale aperte, dopo tutti gli specchi rotti, rovesciato il sale, l’olio, aperto l’ombrello al chiuso e la lista sarebbe molto lunga, dovremmo essere stati come minimo fulminati, ma siamo ancora qui e godiamo di ottima salute.

Era presente anche un letto di chiodi come quelli dei fachiri a disposizione di chiunque volesse provarlo. Dimostrando che per certe pratiche considerate misteriose e tradizionalmente riservate a persone preparate e iniziate, possono essere alla portata di tutti, applicando le regole e i principi delle varie scienze. Il trucco è la distribuzione del peso del corpo per il numero di chiodi presenti sull’asse.

Di fianco si trova lo stand di ViviScienza. (viviscienza.it) Si, la scienza è da vivere in prima persona e bisogna crederci, perché senza la scienza non possiamo pretendere di andare da nessuna parte. Senza la scienza l’intera Umanità finirebbe nel caos ingannevole delle pseudoscienze. Come mi racconta il responsabile dello stand bisogna insegnare la scienza alle giovani generazioni. A tal proposito esegue una serie di semplici esperimenti alla portata di tutti. Un punto di partenza per attivare l’interesse dei giovani. Trasferire ai ragazzi quello che è stato fondamentale per la sua carriera. Per questo è disponibile a fornire attività di divulgazione scientifica itinerante per le scuole, nelle biblioteche e ai privati. Si inizia sempre con esperimenti semplici e magari qualcuno si appassiona cosi intensamente che diventerà uno scienziato in futuro. E, aggiungo io, ne abbiamo bisogno.

Uno stand tanto curioso quanto affascinante, si legge una scritta “suscitiamo emozioni con prodotti comuni”, questo è proprio quello che accade.

Mescolando vari ingredienti come dolcificante, colorante alimentare e semplice acqua, con soda caustica, spiegando in più occasioni che è pericolosa, si ottiene un liquido che cambia continuamente colore, prima verde, giallo e poi rosso.

Mentre i reagenti iniziano a creare l’effetto voluto ci si sposta di un metro sul tavolo per creare e sperimentare una batteria creata con le patate. Vengono tagliate delle patate a metà e in ciascuna infilata una vite zincata e un filo di rame. Collegando con morsetti i vari elementi, si ottiene una semplice ma efficace batteria, che eroga una tensione adeguata per accendere un led e alimentare un piccola calcolatrice.

Poi si ritorna a manipolare sostanze come i detersivi e del curry in polvere e via ancora per altri effetti incredibili dove il pubblico rimane incantato a osservare.

A ciclo continuo Roberto Vanzetto del Cicap continua i suoi giochi di carte stupendo e meravigliando il pubblico, nessuna preveggenza, si tratta di giochi di prestigio dove le regole della matematica la fanno da padrone.

Mi sposto nello stand di Diatom Shop, dove conosco Stefano Barone il titolare, come mi spiega, dell’unica ditta al mondo specializzata in micromanipolazioni di diatomee e radiolari. Un lavoro tra scienza, arte e divulgazione scientifica. Sono così infinitamente piccole che si vedono ovviamente al microscopio. Oltre a preparare dei vetrini per un utilizzo scientifico, il suo è anche un lavoro artistico. Osservo un vetrino dove sono disposte a cerchio un infinità di particolari, posizionati con criterio e intelligenza che non si può non catalogarlo come opera d’arte.

Le Diatomee sono alghe unicellulari non flagellate, comparse nel Cretaceo, circa 145 milioni di anni fa. Rappresentano una delle più importanti classi di microalghe in ambiente marino e di acqua dolce. Possono essere fossili o recenti. Nell’ultimo caso basta raccogliere dei campioni d’acqua e trattarla nel modo adeguato. Se si tratta di Diatomee fossili il procedimento si complica. Una volta ottenuti i campioni di rocce, bisogna trattarli con acidi pericolosi e aggressivi, utilizzando dispositivi di protezione e alla fine di un lungo processo selezionare i pezzi integri scartando quelli danneggiati. Essendomi interessato in passato di microfossili, conosco per esperienza l’elevata quantità di materiale che è necessario trattare per ottenere dei pezzi completi. Una volta scelti i pezzi migliori bisogna disporli sul vetrino, nel caso artistico o creare una serie di vetrini didattici con esempi delle varie famiglie.

Per manipolare questi particolari si possono utilizzare due tecniche. A mano libera mediante un bastoncino con attaccato in testa una ciglia, oppure un micromanipolatore in aggiunta al microscopio. In una goccia d’acqua si trova l’Universo. Così mi racconta dell’utilizzo in Medicina Legale per la ricerca nelle vie aeree e nei tessuti delle Diatomee, diventato un esame di routine quando si trova un corpo in acqua allo scopo di confermare o meno l’ipotesi di morte per annegamento. Siccome le alghe hanno un tempo di colonizzazione diverso in base alla specie, questi esami sono molto utili anche per stabilire il PMI (Post-Mortem Interval), ovvero il tempo trascorso dalla morte del soggetto. Confrontando le alghe nel lago dove è stato rinvenuto il corpo e quelle trovate al suo interno si possono svolgere indagini più approfondite arrivando ad avere più elementi per la risoluzione del caso.

Rimango molto interessato e soddisfatto per questo incontro. In mezzo al padiglione Danilo Reale del Cicap ha gonfiato con l’aria calda di un phon quello che sembra un sacco nero dell’immondizia. Si tratta del mitico Ufo Solar che negli anni 80 ci ha regalato tanti avvistamenti di presunti Ufo a forma di sigaro. All’esterno avrebbe fatto un figurone, il calore del sole l’avrebbe fatto salire in cielo. Ma con la fiera incollata all’Aeroporto di Linate meglio lasciar perdere.

Proseguo il giro e trovo lo stand di Microcosmo Italia con “una tavolata” di microscopi e strumenti per l’osservazione dell’infinitamente piccolo. Ci sono varie postazioni dove i visitatori possono guardare a cosa serve un microscopio. In una di queste si trova uno scatolino con vari cristalli di sale colorati artificialmente. Una distesa di piccoli cubetti rosa.

Anche in questo stand conosco una persona interessante. Si tratta di Silvia Dell’Aere biologa e microscopista con una passione per la divulgazione scientifica oltre ad essere una guida ambientale. Ha portato una cosa che mi affascina moltissimo. Ha preso un campione della “poltiglia” verdastra che si forma negli acquari tra il vetro e il bordo dell’acqua. Osservo attraverso gli oculari del microscopio una goccia d’acqua e vedo per la prima volta due animaletti vivi.

Chiedo cosa sono e un signore che ha utilizzato lo strumento prima di me, dice che potremmo chiamarli Giovanni e Carletto. Un momento divertente, Silvia ci dice che sono appartenenti alla famiglia dei Copepodi.

Mi trasformo in un curiosone per vedere cosa fanno. Ci sono due cerchi bordati di nero, due piccole bolle d’aria. Attorno a queste si muovono e cercano una via d’uscita, uno è almeno il doppio come grandezza dell’altro. Come diceva Stefano Barone mezz’ora prima in una goccia d’acqua si trova l’Universo.

Rimangono per ultimi da visitare gli stand dei due Gruppi di Astrofili presenti a questa edizione. Il primo con sede a Cinisello Balsamo presenta una serie di foto di oggetti celesti, talmente belli da rimanere incantati. Tento di eseguire qualche foto, il riflesso è tale che ritorno alla piacevole esperienza dell’osservazione.

Vicino a loro si trova il secondo gruppo, quello di Rozzano con un telescopio mobile, montato su carrello da agganciare a un qualsiasi automezzo dotato di gancio di traino.

Una volta fermo si aprono le pareti e queste diventano una piattaforma attorno al telescopio, con tanto di scaletta per arrivarci sopra. Una costruzione assolutamente ben fatta. L’altra cosa che vedo è il Planetario Gonfiabile. Una struttura che puoi portare ovunque, si gonfia con aria, nello stesso modo dei giochi per i bambini presenti alle sagre di paese. Sembra un grande Igloo di colore azzurro/blu.

Una cerniera blocca l’entrata, oltrepassata ci si trova in una stretta camera intermedia dalla quale si accede all’interno tramite un altro passaggio che verrà sigillato in un secondo tempo. Ne approfitto per assistere a uno spettacolo. Ci si dispone attorno alla parete e al centro il proiettore. Per il resto è uguale agli spettacoli di qualsiasi planetario con il vantaggio di poterlo posare in qualsiasi luogo, in occasione di qualsiasi evento. Un gran bella idea.

Pubblicato su “L’Hobby della Scienza e della Tecnica” n°43 – Settembre 2016

 

L’Ufoporto di Arès – Francia

L’anno scorso ad agosto ho visitato l’Ovniporto di Arès in Francia. Si tratta di una zona vista mare o sarebbe più corretto definirla vista Oceano, dedicata dal 1976 all’atterraggio di dischi volanti.

Questa storia inizia con la consegna di una petizione di origine popolare al Municipio (Maire) di Arès. Il documento iniziava e gli anni 70 erano una garanzia, con l’osservazione che l’idea di visitatori extraterrestri sul nostro Pianeta era oramai plausibile. L’oggetto principale era la richiesta allo scopo di ottenere il permesso per la costruzione, sul territorio comunale di una piattaforma di atterraggio per Oggetti Volanti Non Identificati (OVNI).

Un modo per promuovere l’accoglienza di visitatori alieni nel paese di Arès conosciuto per la sua ospitalità. Sarebbe stato il primo paese francese, a possedere una struttura per facilitare questi viaggiatori. La richiesta iniziale era di uno spazio delimitato in prossimità della torre, luogo successivamente scelto per la costruzione. In aggiunta un palo con la manica a vento, un pannello con le indicazioni sul luogo e il paese e non poteva mancare la bandiera nazionale.

Comprendeva l’aggiunta per il futuro di strumenti scientifici come un un Radar.

Formulata in modo serio, richiedeva un’integrazione del regolamento comunale per il funzionamento dell’Ovniporto.

Condizioni di favore riguardo le tasse per l’utilizzo della zona d’atterraggio.

Libertà di circolazione per gli extraterrestri sul territorio comunale e la loro partecipazione ai tornei di Pétanque e altri giochi popolari.

La popolazione dovrà essere informata con istruzioni da seguire in caso d’atterraggio di UFO.

Il personale incaricato del funzionamento della struttura offrirà un servizio di volontariato.

Si dovrà costituire una commissione formata da persone di diverse competenze per studiare le conseguenze di un eventuale intenso traffico di UFO nella zona, ed evitare collisioni con altri velivoli o alterare la qualità della vita che deve rimanere eccezionale nella nostra città.

Il 21 luglio 1976 la Maire di Arès accoglie positivamente la richiesta e il 15 agosto dello stesso anno viene inaugurato il primo Ovniporto di Francia. Una cerimonia tanto solenne quanto rigorosa sotto ogni punto di vista, un festa per tutta la popolazione con la presenza di un Comandante dell’Aeronautica, la bandiera e l’Inno Nazionale francese.

L’Ovniporto è attualmente presente e contribuisce a creare del turismo nella zona, anche se per il momento si tratta solo di turismo terrestre. Si calcola che ogni anno circa 2000 appassionati, come è capitato a me, vengano ad Arès per questo motivo.

Recuperata l’informazione in modo casuale, avevo fatto una ricerca per vedere in anteprima cosa avrei trovato sul posto. La sera prima non ho resistito e a tarda notte ho fatto un giro veloce in zona.

Arrivato sull’Esplanade Georges Dartiguelongue vedo i contorni della riproduzione di un “disco volante”, con tanto di cupolino al centro, che non corrisponde alla forma ovoidale vista sul web.

É ora di dormire dopo la lunga giornata passata sulle Dune del Pilat, terminata con un bellissimo tramonto sull’Oceano.

Il giorno dopo ritorno sul posto e la riproduzione del “disco volante” è proprio diversa. Non riesco a capire perché lo hanno sostituito, quello di prima era così bello!

Trovo anche la stele commemorativa posata durante un anniversario di questa iniziativa.

Faccio un’ottima colazione seduto sulla panchina accanto all’OVNI, mezza baguette con la marmellata e un buon caffè e latte. Prima di proseguire il mio viaggio non posso non scambiare quattro parole con i responsabili dell’Ufficio Turistico sempre molto disponibili.

Esco da Arès e grazie al navigatore sbaglio una rotonda. Al posto di andare dritto giro a sinistra e dopo una cinquantina di metri, oltre il reticolato di un’azienda vedo una forma conosciuta. Si tratta del precedente “OVNI di Arès” visto in tante foto sul web.

Mi fermo ai lato della strada e scatto alcune foto. Attraverso la strada e lo osservo bene. Adesso posso capire perché è stato sostituito. È marcio in diversi punti. Alcuni decenni all’aperto e vicino all’Oceano lo hanno praticamente distrutto.

Riprendo il furgone e faccio il giro dell’isolato per cercare l’ingresso dell’azienda. Chiedo se posso fare alcune foto e la direzione acconsente. Ecco il mitico oggetto finalmente davanti a me.

Lo avevano costruito con un’abbondante ricchezza di particolari per farlo sembrare più alieno possibile. Secondo me ci sono riusciti. Il risultato è apprezzabile.

Viste le condizioni attuali una sostituzione era inevitabile. C’è una scaletta, presente anche nel nuovo modello e il fondo è talmente conciato male, che temo si possa sfondare sotto il mio peso.

Comunque il modello mi piace e soddisfatto proseguo il mio viaggio